ESC 2017. Amare per due.

La prima semifinale dell’Eurovision si svolge in modo piuttosto indolore, le canzoni sono tutte identiche e sciape, ci chiediamo perché ci sia l’Australia, commentiamo i vestiti bianchi delle donne e le acconciature degli uomini, la canzone del Belgio l’abbiamo già sentita e non solo perché sono tutte vicinissime ad essere plagi di pezzi arcinoti. Un cantante del Montenegro si presenta con una lunga treccia rotante accontentando tutti i fan del trash. Una ragazza Azera si presenta in scena con un cavallo su uno scaletto, le canzoni sono tutte in inglese eppure di incomprensibile significato. Andrea e Diego ci informano che stiamo per assistere ad una performance teatrale ed ad un cantante che guarda in alto come Megoni. In effetti lo sguardo rivolto ad infiniti cieli c’è, la teatralità meno, o meglio non come l’avrei aspettata. Silenzio il commento italiano e sento la canzone più bella fin’ora nonché finalmente rilevante, in portoghese, accompagnata da sonorità sicuramente riconoscibili. E’ una bella canzone. Il resto della gara scivola senza note interessanti o eclatanti e lo stesso vale per le eliminazioni. Apro youtube per la consueta conferenza stampa in diretta ed il cantante portoghese indossa una felpa con scritto “sos refugees” ed utilizza il tempo a sua disposizione per parlarne, scopriremo in seguito che l’organizzazione gli ha poi vietato di indossare la felpa perché non è nelle intenzioni di Eurovision trasmettere messaggi politici o commerciali. Eppure tutto è politico, anche ad Eurovision, lo era la canzone di Jamala che ha vinto lo scorso anno, l’assenza della Russia di quest’anno, la presenza di Israele e l’assenza degli altri paesi mediorientali, i voti tra le nazioni vicine, sia favorevoli che contrari.
La seconda semifinale invece si fa poco più interessante, Ungheria e Bielorussia portano canzoni cantate in lingua madre, l’Ungheria addirittura utilizzando uno stile canoro e degli strumenti tradizionali, per quanto riadattati. Croazia inscena un duetto con sé, un sé che canta in italiano come un tenore, nonostante ciò nessuno sente la mancanza de Il Volo. La Bulgaria presenta un Justin Bieber con produttori molto meno sapienti alle spalle e sembra subito di stare ad Io Canto ma senza Clerici. I presentatori Ucraini invece sono molto bravi e divertenti ed anche la seconda semifinale passa in grande serenità.
All’Eurovision bisognerebbe essere in armonia, così come negli altri festival e competizioni, di qualsiasi natura. Anzi si immagina sempre che i musicisti incontrandosi fra loro abbiano cose da condividere. Non sappiamo se sia realmente così, ma sicuramente non è così tra i fan. L’Italia sabato è pronta a conquistare l’Europa e lo è da mesi, Gabbani è un super favorito, quello che ha funzionato benissimo in Italia sembra aver conquistato anche l’Europa, “tutti cantano Gabbani” insomma.
Twitter è pronto ad esplodere ma già nel pomeriggio di sabato si inizia a capire che forse ora che le giurie hanno votato ci sono anche altri favoriti.
La serata della finale è serena e godibile, anche se sembra uno streaming della stessa canzone per 1 ora, tolto qualche caso isolato di cui ho scritto sopra, è sempre difficile capire l’umore dopo le esibizioni perché tutto si svolge in modo veloce ed efficiente, insomma non è il festival di Sanremo.
Sappiamo tutti com’è andata.
A me piaceva Sobral e, sebbene molto delusa non solo per la mancata vittoria ma per la beffa del sesto posto dietro canzoni veramente insulse, sono stata abbastanza contenta della vittoria del Portogallo. Stamattina mi sono svegliata dilaniata da un senso di conflitto interiore, aumentato con l’apertura di twitter. Dopo aver letto moltissimi tweet d’odio verso Salvador, alcuni riguardanti solo la canzone, altri pieni di livore per le parole dette dal cantante dopo la vittoria. Alcuni lo definiscono caso umano, “ha vinto solo per quello”, ma “come caso umano?” mi chiedo, certo è un po’ goffo, ma addirittura caso umano, “è malato” mi dicono, “ed ha fatto leva su quello per vincere”. Apprendo così che è malato, googlo e noto che molta stampa, anche italiana, ne parla, eppure nelle conferenze stampa parlava di tante cose ma non di questo.
La delusione dell’Italia è cocente, palpabile, concreta, anche giusta, la sento anche io. Che non ci abbiano fatto bene i pronostici e l’hype? Che non abbiano fatto bene neppure a Gabbani che appariva un po’ meno spontaneo e scanzonato di come mi era sembrato a Sanremo? Dopo Sanremo molti avevano scritto e detto che la canzone di Gabbani era stupida, che quella di Meta e quella di Mannoia erano vere canzoni, e meritavano di più la vittoria. Eppure Francesco ha silenziato queste voci con l’allegria che lo contraddistingue e con una frase in conferenza stampa all’ESC “ci sono due tipi di pubblico: quelli che capiscono la canzone e quelli a cui la canzone è dedicata”. D’altronde l’arte non è oggettiva, piace o non piace, muove o non muove. Per questo le parole di Sobral dopo la vittoria non mi fanno arrabbiare, ma mi danno speranza. So benissimo che non sono rivolte alla nostra canzone, che anzi ha detto più volte fosse l’unica dotata di significato e senso proprio. Vuol dire che ci sono ancora artisti che hanno voglia, forza e coraggio per fare arte, vuol dire che non è tutto asservito alle case discografiche fast food. Salvador non ce l’ha con la musica pop, ma con la musica usa e getta, e quante volte è successo che artisti anche potenzialmente interessanti sparissero dalle scene perché ritenuti non in grado di vendere abbastanza? Con l’arte ci si può e ci si deve mangiare ma non può essere fatta solo di marketing, altrimenti non tocca più le anime degli ascoltatori, ed è questo il sentimento di cui parlava il portoghese.
Quando avrete sbollito la rabbia che ora gli riservate, (consiglio di prendersela con San Marino e la Svizzera e con i bookmakers) ascoltate l’album di Sobral, è meraviglioso , e potrete scoprire che ha più punti in comune che differenze col nostro Gabba.
Gabbani dal canto suo ha fatto un piccolo miracolo, ha portato tantissimi spettatori davanti alla tv, insieme, in famiglia, tra amici, come solo europei e mondiali sanno fare, e ci ha fatti sentire insolitamente uniti e patriottici. Prima di ritornare alla mia consueta ironia mi permetto di consigliarci di far fruttare bene questo sentimento condiviso.

Buonanotte Francesco, buonanotte Salvador, buonanotte piccolo replicante Bulgaro, ma soprattutto buonanotte allo stato di San Marino.

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